Im-perfetto orario (Reboot//parte 2)

Diventa tutto meccanico.

I sorrisi, gli sguardi, i movimenti. Tutto ciò che cade al di sotto del filtro attentivo che ho voluto installato nel mio sistema visivo. Occhi come telecamere, occhi come specchi, occhi come vetri appannati. Gli occhi di una ragazza timida che abbassa lo sguardo. Gli occhi di un mago in incognito sulla metropolitana. Gli occhi di un uomo che ha nascosto l’amore sotto un velo di ghiaccio. La mia vista è cristallizzata, i pensieri mi sfuggono e si inseguono in un’apoteosi fiammeggiante di avverbi che hanno sempre meno senso.

Il tempo non ha più tempo. Io non avevo più tempo, rispetto a tempo fa. Mi sembrava di star impazzendo, fino a poco fa. Bizzarro.

Ogni momento di veglia era ansia e fatica e ritardi accumulati persino nell’intimità della mia vasca da bagno (i miei pochi affezionati lettori stiano tranquilli, il mio hardware è stato progettato per poter entrare a contatto con l’acqua senza paura di cortocircuito…) in attesa della modalità risparmio energetico che mi avrebbe donato il sonno dopo ore a cercarlo inutilmente. Ogni reazione emotiva era falsità pura. Non puoi conoscere le battaglie che gli altri combattono dietro ai sorrisi, mi dicevo, tanto quanto loro non possono conoscere il conflitto cosmico che agita i tuoi sensi.

Era così… Fino a prima di capire che, in un certo senso, l’ho voluto io. Una prigione così colorata e così dolce da nauseare, costruita con le mie sante manine.

Per resettare tutto, prima bisogna capire da dove si accede all’archivio centrale. Ecco il mio errore di programmazione. Facevo solo finta di risolvere i problemi. Adesso si balla per davvero, e già chiedo venia se mi sono persa per strada mentre riflettevo, adesso che sto stendendo un progetto che richiederà la vera azione per svolgere i fili della matrice.

Sceglievo di ignorare problemi che alla fine si ammucchiavano come gestioni di archivi arretrate, focalizzandomi invece su paranoie e ansie di valore infinitesimale ma che, forti dell’attenzione iperbolica di cui erano state investite pur di rendere invisibile il resto, divengono improvvisamente eventi di portata mondiale nel teatro occulto che ho dietro gli occhi – gli occhi, sempre gli occhi, sono sempre stati un po’ la mia ossessione, artistica e non solo. Ecco, mi sono finalmente decisa. Reboot.

Volevo fare un reset completo, ma avevo dimenticato il punto nevralgico d’accesso a tutti i sistemi. Se non parto da quello, non combinerò nulla.

Come al solito ho tardato, come al solito eccomi qui, im-perfetto orario. Beh, meglio adesso che mai, no?

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