La guerra psichica mi sta devastando.

Vorrei fare, e non riesco. Mi perdo tanto di quel tempo in giro, così, senza fare nulla di utile, che se ne potrebbero riempire clessidre alte come palazzi. E poi colpevolizzo qua e là – ma è solo con me che posso arrabbiarmi realmente.

Mi chiedono cosa c’è, e poi s’indispettiscono per il mio silenzio.

Passano e ridono mille eoni, ma io resto qui.

Insieme alla mia voglia di non far niente, al mio bisogno di creare che non trova realizzazione, alla poesia congelata nella mano dello scrittore che, per adesso, traccia solo segni a caso su un foglio sporco. Di illusioni dormienti, di disegni mal cancellati. E pagine su pagine di libri che ho guardato distrattamente senza vedere. Chissà ancora per quanto posso andare avanti così, sgocciolando giovinezza in giro, scenerando sopra il mio dovere, mollemente adagiata su un periodare ciceroniano di stasi infarcita d’inutile luogo comune?

Che tutto termini. Che venga il risveglio. Senza che il tempo mi punti la spada al collo, mai più.

Perché lo so che 2+2 = 1. E’ che spiegarlo è difficile. Aver voglia di continuare, e indagare in maniera attiva, ancora di più. Ora come ora, è solo una lunga passività vuota, è solo la sensazione di star buttando via veramente qualcosa di prezioso e che mai mi verrà restituito. E’ una guerra inutile e interna, impossibile da far capire, una guerra che ti porta allo stremo tra un blitzkrieg d’erudizione dall’esito dubbio e un volo non autorizzato con un buco nella carrozzeria, da dove vengono perse munizioni preziose.

Buonanotte – vado a perdere altro del prezioso tempo di questi anni che passano presto.

Published in: on 30 aprile 2011 at 11:36 PM  Comments (7)  
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IL DIAVOLO MI PARLA

Questa non è proprio recente, ma merita di essere qui, credo.

Edvard Munch, "Il giorno dopo", 1894-5


Il diavolo mi parla

Nelle notti passate a disegnare

Il diavolo mi parla

Nei giorni passati a meditare

Su nuove vendette

E tentazioni ripudiate.

Risponderò solo a me stessa

O questo è ciò che il mondo vede

Quando scruto fra i graffi

Nell’onice rossastra

Un diamante perfora pensieri pindarici

Tingendo un’anima di surreale

Ed i suoi artigli

…non fa male

Ormai non più.

Ridete pure.

Il diavolo mi parla

Con la sua voce setosa

Dice che non ha le corna

Ed è solo un fanciullo.

Addolora vedere un tradimento

Che sta solo negli occhi vuoti

Di chi guarda

Tu ancora non lo sai

Ma il diavolo mi parla

Mi racconta tante cose

A volte fa del male

Ma è solo la verità.

Il diavolo non ha la lingua biforcuta

E’ capace d’ingannare

ma lo sento sempre dire

Non ho mai creduto alle parole

Ma Dio non poteva creare

Un essere più sleale

…il diavolo sei tu???

No.

Il diavolo non mi ha mai ingannata.

Egli si limita a lavare via l’offesa

E quelle dannate frasi

Che mi fischiano nelle orecchie

Pronunciate come un mantra

Dovrò farmi denti d’acciaio

Temprarmi forse con acque infuocate

Come dice lui

Finalmente, perdono di significato

E tu non sei più tanto potente…Ah! Illusione!

Il diavolo non puzza di zolfo

Ma quando ti è vicino

Non puoi non accorgerti

Il calore di mille crisalidi nascenti

E il veleno di mille cobra

Tocca dolcemente come ala di farfalla.

E nel centro, del centro

Di un corpo di sabbia e morte ricoperto

Troppa morte innocente scorre

Per il desiderio di uno bastardo, non trino

Vuoi farti conoscere

Vuoi farti guardare

…ma il diavolo parla a me.

Dice che devo completare una missione

Ed essere da sola

Ma io ne vedo mille di campagne

Mi guardo indietro, abbattuta

Ma ormai nella sabbia c’è una sola impronta

Non temere, non è sparito

mi sta solo portando in braccio…

Ho visto mondi sovrannaturali

Dove rombi di vetro colorato governavano

Strane figure dalle movenze plastiche

Ma il diavolo è più sorprendente

Dice di non ricordarsi quando è nato

Né come possa avere occhi d’agata bruciata

Specchiandosi in rigagnoli neri

Sorpreso come un bambino.

Il diavolo mi parla

Ogni volta che dico: “Ti Odio”

Non è d’accordo con me, bieca e ottusa

Mi dà dei consigli

Duri come le stelle

Ma io ancora non so seguirlo.

Lo seguirò sul fondo del lago, forse

Perché il diavolo non disgusta

Non mi invita a fare giochi sporchi

Né mi chiede di danzare nuda per lui

Vuole solo un sorriso

Che nasca dalla gioia

O dal sollievo della rivalsa

Poco gli importa

Il diavolo mi carezza tra le orecchie

Come fossi un gatto

Lui mi asciuga ogni lacrima

Lecca il mio viso marmoreo

Pura statua, mera ossidiana

Quello che ora ho dentro.

Ma per lui sono sempre bella.

Il diavolo mi parla

Perché sono un gatto.

ICHIS (20-03-1996 – 22-04-2011)

Addio, sorellina mia!

Un grande bacione… Fai buon viaggio, e non essere triste, ci vedremo un giorno… chissà.

Ciao alla mia Ichis, la gatta più bella del mondo…chiudi gli occhi solo ora, perché non smetterai di guardarmi. E questo lo so.

Published in: on 23 aprile 2011 at 2:03 AM  Lascia un commento  

Speciali Scienza: II – Ricerca sul dolore, se a soffrire è una donna non te ne accorgi

Buonasera,

Questo è il primo di una serie di ARTICOLI “SPECIALI” a tema scientifico, proposti sempre dalla vostra Miss Lenore AM (per l’occasione, Dottoressa Lenore AM) che toccheranno un vasto ambito di problematiche, dubbi, scoperte, dannose aspirazioni umane, voli pindarico-teorici e molto altro… Saranno tratti, a volte, da risorse del Web delle quali indicherò sempre onestamente le fonti (la ricerca dovrebbe essere meritocratica, a mio parere, come qualunque cosa – sempre e comunque).

PERCHE’ LA SCIENZA NON E’ NOIOSA, LA RICERCA SCIENTIFICA E IL FARSI DOMANDE CONTINUAMENTE SONO PARTI DELLA VOSTRA NATURA UMANA, NON CERCATE DI RIPUDIARLE!

Studiare sodo, oltre a rendere sicuramente più intelligenti e in grado di uscire dalla massa, fa scoprire un sacco di cose interessanti e curiose. Pensate: io non credevo alla psicanalisi (da me definita “Psicoballa” per il mio orientamento fortemente cognitivista …sigh), ma studiandola sui libri consigliatimi dal mio esimio professore, ho iniziato a trovare alcune delle recenti scoperte molto interessanti.

Non spenderò altre parole inutili… Leggete dunque il glorioso report di questi giovanissimi talenti scientifici miei prossimi colleghi!!! (almeno spero). L‘ultima parte è davvero interessante… non solo per le donne che mi leggono, ma anche per gli uomini. Riflettiamoci su tutti evitando inutili o peggio ipocrite polemiche pseudo-sessiste/femministe/ecc.

DA http://WWW.UNIMIB.IT (http://www.unimib.it/link/news.jsp?8562723394097218796)

Milano, 6 aprile 2011 – Se a provare dolore è una donna sarà più difficile, per chi la incontra, accorgersi che sta soffrendo. È il risultato di una ricerca condotta, presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, da Paolo Riva, assegnista di ricerca, Simona Sacchi e Lorenzo Montali, ricercatori in Psicologia sociale, e Alessandra Frigerio, dottoranda di ricerca. Lo studio, pubblicato sull’European Journal of Pain  (http://www.europeanjournalpain.com/article/S1090-3801(11)00056-5/fulltext), ha infatti dimostrato che gli osservatori sono meno abili nell’identificare la sofferenza se ad esprimerla è un volto femminile.

Il viso è una fonte di informazioni cruciale per comprendere le emozioni e le sensazioni provate da una persona, ma anche un indicatore fondamentale per comprendere se chi abbiamo di fronte sta provando dolore. Più delle parole gli osservatori sono infatti guidati dalle espressioni del volto per giudicare se un individuo prova dolore e con quale intensità.  Lo studio ha indagato se il genere di chi soffre influenza la rapidità e l’accuratezza con la quale gli osservatori si accorgono che la persona che hanno di fronte sta soffrendo.

I ricercatori hanno utilizzato delle rappresentazioni computerizzate del volto umano (guarda gli avatar http://www.unimib.it/upload/gestioneFiles/relazioniEsterne/avatardolore.pdf), generate con un software che consente  di manipolare le espressioni facciali insieme ad altre caratteristiche, tra le quali il genere. Sono stati così generati dei volti identici per ciascuna caratteristica, eccetto che per il loro genere e per le loro espressioni facciali. In questo modo, sono state controllate molte delle possibili variabili confondenti, come il grado di attrattività fisica del viso, la direzione dello sguardo, l’asimmetria facciale, l’etnia, l’età e la generale morfologia del viso.

Sono stati condotti tre esperimenti su 128 persone (34 nel primo esperimento, 56 nel secondo e 38 nel terzo, http://www.unimib.it/upload/gestioneFiles/relazioniEsterne/tabelle.zip). Nel primo, i partecipanti erano chiamati a giudicare il più velocemente e accuratamente possibile una serie di immagini statiche che raffiguravano volti maschili e femminili con diverse espressioni facciali (dolore, rabbia, disgusto e neutrale). Questo primo esperimento ha mostrato che i partecipanti commettevano un maggior numero di errori quando il volto che visualizzava un’espressione di dolore aveva delle sembianza femminili. Inoltre, i partecipanti hanno impiegato più tempo per identificare l’espressione di dolore espressa sui volti femminili rispetto a quelli maschili.

Nel secondo esperimento sono stati mostrati dei filmati. Ciascun filmato mostrava un volto — ancora una volta con sembianze maschili o femminili — che partendo da un’espressione neutra assumeva gradualmente un’espressione facciale specifica (dolore, rabbia, disgusto) con intensità sempre crescente. I risultati indicano che, quando i volti avevano  sembianze femminili, i partecipanti hanno avuto bisogno di un’espressione più intensa prima di stabilire che il volto esprimeva dolore. I risultati di questi primi due esperimenti suggeriscono dunque che le persone sono più lente e meno accurate nel giudicare il dolore su un volto con sembianze femminili rispetto ad uno maschile.

Infine, nel terzo esperimento sono stati utilizzati dei volti con sembianze androgine, ossia che erano stati in precedenza giudicati in egual misura appartenenti a uomini o a donne. Applicando a quei volti un’espressione di dolore, è stato appurato che i partecipanti allo studio ritenevano che quei volti fossero più di uomini che di donne.

Complessivamente, la ricerca mostra che un’espressione di dolore è meno facilmente riconosciuta quando appare su un volto femminile. I risultati potranno essere utili in campo clinico per mettere in atto programmi mirati alla formazione degli operatori sanitari, affinché siano consapevoli delle influenze esercitate dalle caratteristiche sociali dei pazienti sul loro giudizio clinico.

Ma il perché gli osservatori non riescono a leggere il dolore sul viso femminile, non è ancora del tutto chiaro. «Il nostro studio non ci ha permesso di capire il perché il dolore sia meno riconoscibile quando espresso da un volto femminile – spiega Paolo Riva, responsabile della ricerca -. Una possibilità è che la diversa esposizione degli osservatori al dolore espresso dalle donne e dagli uomini abbia innescato un processo di ridotta sensibilità nei confronti del dolore espresso dalla prime. E’ infatti noto come le donne siano soggette a un numero maggiore di sindromi dolorose, e pertanto, gli osservatori potrebbero essere stati esposti con maggiore frequenza al dolore espresso dai volti femminili. Una seconda possibilità riguarda gli stereotipi secondo cui le donne tenderebbero a drammatizzare le proprie emozioni e il proprio dolore. La presenza di questi stereotipi potrebbe incidere sulla tendenza a confondere il dolore espresso dai volti femminili con altre emozioni negative. Infine, una terza possibilità è che il dolore espresso da un volto maschile sia più saliente, perché da un punto di vista evolutivo il dolore potrebbe avere rappresentato anche una situazione di minaccia per gli osservatori. L’esperienza di dolore aumenta le tendenze aggressive in chi soffre; nel corso dell’evoluzione gli osservatori potrebbero avere imparato a temere di più (e quindi ad essere più accurati nel riconoscimento) un maschio che esprime dolore in quando individuo pronto ad aggredire».

Commentate numerosi!!!

El Poetta de Milan, e la sò “Zamperla”

Sono giorni davvero tristi, e carichi di sfortune non comuni che sembrano piombarti in testa come il pianoforte a George Clooney in una nota pubblicità.

Sento quanto mai la mancanza di una grande persona, che oggi vorrei ricordare, e commemorare sia per il suo genio artistico che per il suo grande cuore: mio nonno Armando Brocchieri (1922 – 2001), El Poetta di Navili, un Poetta de Milan. Il più grande – almeno nel mio cuore.

La mia è una famiglia di artisti, professori, scrittori e filosofi originaria dei Navigli di Milano, con frange pavesi, austriache e francesi, dove il gene del genio è spesso andato a braccetto con quello della follia; ne vado molto orgogliosa, ma del nonno in particolare. Alto e fiero, nasone dritto e sguardo penetrante, irascibile ma accattivante, saggio e  geniale, del nonno ho un ricordo indelebile e amorevole. Ricordo i pomeriggi passati a fare i cruciverba e a imparare nuove parole. Ricordo le cene alle quali l’unica lingua ammessa era el dialett milanes. Ricordo i suoi spietati giudizi sulle note di pianoforte che mi dilettavo a comporre (ben presto abbandonate…), e quelli un poco più favorevoli sulle mie liriche acerbe e pure, non ancora adolescenti.

Ma oggi voglio soprattutto ricordare le sue numerose opere, attraverso le parole di P. De Marchi: Magnetizza il pubblico con i suoi racconti, i suoi personaggi, le poesie, i canti, quasi nenie, che ci riportano alla Milano inizio secolo. Una Milano in crescita, che vuole stare al passo col progresso e col processo industriale e lo fa sulle spalle della povera gente, che ha lasciato la miseria della campagna per vivere la miseria della città. Gente dai mille mestieri, che si identifica coi soprannomi, ma che ha un cuore grande e come unico divertimento la “ciocca” del sabato sera che scioglie i dispiaceri nel canto corale. Ed è proprio di questa gente che Brocchieri ci parla, di “Donna Regina [mia nonna, N.d.r.] e la sua osteria” con il suo campionario di clienti, di “Donna Adele” e le “sante” dei “gamber del Sassee”. El Sassee [dove ora c’è la metrò di Romolo, N.d.r.] , me lo ricordo anch’io… Brocchieri racconta, con pudore quasi rassegnato; i suoi personaggi hanno corpo e voce…”

La storia de Milan è forse il suo lascito più famoso, accanto a Donna Regina e Donn de la Riva, nel quale gli avvenimenti storici principali della sua amata città vengono raccontati in una lunga poesia da un nonno a un nipotino, accompagnati dalle suggestive illustrazioni del Cottino. Un po’ come ha sempre fatto con me, con la sua “Zamperla” . Chissà che avrebbe detto il nonno, se avesse potuto leggere tutti i voli pindarici che faccio ora – che inizio e non termino, che termino e rimaneggio mille volte indecisa su quando sublimarne il fallimento – ma di una cosa sono sicura, di tutte le poesie che leggerete nel mio blog, queste saranno sempre le più belle.

Vi lascio quindi alla calda e profonda voce del nonno, con questa splendida e nostalgica lirica notturna.